Siti non accessibili? Ecco i rischi per bandi e business

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Dal 28 giugno 2025, l’European Accessibility Act (EAA) introduce un cambiamento sostanziale nel panorama digitale: tutti i siti web, le applicazioni e le piattaforme online dovranno garantire l’accesso pieno e senza ostacoli a ogni utente, indipendentemente dalle sue capacità.

Non si tratta più solo di un impegno etico o di una scelta legata alla responsabilità sociale: l’accessibilità diventa un requisito legale a tutti gli effetti, con implicazioni concrete per aziende, enti pubblici e fornitori di servizi digitali.

I siti non accessibili, cioè quelli che non rispettano gli standard internazionali, rischiano di escludere milioni di utenti e, allo stesso tempo, di far perdere alle aziende opportunità concrete.

In Italia, l’Accessibility Act richiede la piena conformità alle linee guida WCAG 2.1, già adottate dalla Pubblica Amministrazione e sempre più presenti nei requisiti di bandi pubblici e partnership commerciali.

Adeguarsi significa mettere in regola il proprio sito, evitare sanzioni e prepararsi a un mercato digitale dove l’accessibilità è sinonimo di innovazione, competitività e reputazione.

Accessibilità e bandi pubblici: cosa sta cambiando? 

Con l’entrata in vigore dell’Accessibility Act, cresce il numero di bandi pubblici, italiani ed europei, che richiedono la conformità ai requisiti di accessibilità digitale, come le linee guida WCAG 2.1. Le pubbliche amministrazioni non accettano più dichiarazioni generiche: richiedono prove concrete, come audit tecnici, dichiarazioni di accessibilità aggiornate e report di conformità.

Chi presenta siti non accessibili rischia l’esclusione immediata dalla gara o penalizzazioni nel punteggio finale.

Normative come la Direttiva UE 2016/2102 e lo standard EN 301 549 fissano criteri chiari e controlli rigorosi. Essere conformi non è più un’opzione: è una condizione necessaria per accedere a fondi e opportunità pubbliche.

Non solo PA: l’accessibilità come requisito nelle opportunità commerciali

Non solo la Pubblica Amministrazione impone oggi criteri di accessibilità. Anche molte grandi aziende, soprattutto multinazionali e realtà B2B internazionali, stanno integrando la conformità agli standard di accessibilità digitale nei loro requisiti contrattuali. Questo perché l’accessibilità è sempre più letta come un elemento chiave per la responsabilità sociale d’impresa (CSR) e per il rispetto dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance).

Un sito non conforme può diventare un ostacolo a partnership strategiche, forniture o gare commerciali, impedendo di accedere a importanti opportunità. In questo scenario, avere canali digitali accessibili è non solo un dovere etico, ma anche una leva competitiva fondamentale per consolidare la reputazione aziendale e favorire relazioni di lungo termine con clienti e fornitori.

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Da dove iniziare? Il percorso consigliato

Il primo passo verso la conformità all’Accessibility Act consiste in un’analisi tecnica approfondita del proprio sito o piattaforma digitale, con una verifica puntuale dei requisiti WCAG 2.1. Successivamente si definisce una roadmap personalizzata, che individua gli interventi necessari per adeguare progressivamente il sito, garantendo la tracciabilità di ogni fase.

Questo approccio consente di pianificare l’adeguamento senza interrompere l’attività quotidiana, ottimizzando tempi e risorse.

Compliance e competitività: un binomio strategico per le aziende

Adeguare oggi i propri canali digitali agli standard di accessibilità significa prepararsi in anticipo a un mercato sempre più attento a inclusione e sostenibilità. Le organizzazioni che investono nell’accessibilità dimostrano innovazione e lungimiranza, evitando interventi d’urgenza e costosi correttivi all’ultimo momento.

A completamento del processo, Mr Keting rilascia un attestato di conformità, utile come documentazione ufficiale da allegare in fase di candidatura o gara. Uno strumento concreto che certifica l’impegno verso l’accessibilità e rafforza la credibilità digitale dell’organizzazione.

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